Google OAuth, attenzione ai dati altrui che gli aggressori possono recuperare

OAuth è uno standard aperto per l'autenticazione e autorizzazione, con Google OAuth che consente login sicuri su piattaforme esterne. Tuttavia, una vulnerabilità scoperta da Trufflesecurity evidenzia il rischio derivante dall'acquisto di domini abbandonati.

Jan 15, 2025 - 19:47
Google OAuth, attenzione ai dati altrui che gli aggressori possono recuperare

OAuth (Open Authorization) è uno standard aperto per l’autenticazione e l’autorizzazione, ampiamente utilizzato da Google per consentire agli utenti di accedere a servizi di terze parti senza condividere direttamente le credenziali di accesso (nome utente e password). Il sistema Google OAuth permette agli utenti di utilizzare il proprio account Google per effettuare il login su applicazioni e piattaforme esterne, come Slack, Zoom, Notion e così via, in modo pratico e sicuro.

Con Google OAuth gli utenti che premono il pulsante Continua con GoogleAccedi con Google nel form di login possono sfruttare il sistema ospitato sui server dell’azienda di Mountain View che convalida l’identità nel momento in cui si richiede l’utilizzo di un’applicazione o di un servizio di terze parti.

I ricercatori di Trufflesecurity, tuttavia, hanno scoperto una lacuna di sicurezza che può esporre dati appartenenti ad altri soggetti. Vediamo di che cosa si tratta.

Il problema scoperto in Google OAuth: di cosa si tratta

Inizialmente, dopo i primi report, Google non aveva riconosciuto il problema di sicurezza mentre in tempi più recenti, dopo la dimostrazione tenuta da Dylan Ayrey, CEO e co-fondatore di Trufflesecurity, l’azienda fondata da Larry Page e Sergey Brin ha premiato i ricercatori con una ricompensa superiore a 1.300 dollari.

Il problema principale risiede nel fatto che Google OAuth non protegge i detentori degli account originali rispetto all’acquisto, da parte di terzi, di nomi di dominio ormai abbandonati, ad esempio, da startup e società che hanno interrotto le loro attività (i.e fallimento).

Un aggressore può registrare a suo nome un nome di dominio non più in uso dai precedenti intestatari, creare account email che ricalcano quelli usati in passato e utilizzarli per accedere a piattaforme SaaS (Software-as-a-Service) come Slack, Zoom, Notion, ChatGPT e via dicendo.

Questo metodo consente spesso di accedere a informazioni riservate, come documenti fiscali, dati assicurativi, documenti di riconoscimento e molto altro ancora.

Un esempio pratico mostrato da Trufflesecurity rivela che attraverso l’acquisto di domini presenti nel database di Crunchbase, è di fatto possibile accedere a migliaia di account e volumi imponenti di dati personali.

Il ruolo di Google OAuth e le soluzioni proposte

Nel sistema OAuth di Google, il parametro chiamato sub dovrebbe di norma fungere da identificatore univoco e immutabile per ogni utente. Tuttavia, molte piattaforme come Slack e Notion ignorano questo parametro e si affidano esclusivamente a informazioni come email e hd (hosted domain) restituite da Google OAuth: evidentemente, questi dati possono essere ereditati dai nuovi proprietari del dominio.

Per attenuare il problema, Trufflesecurity suggerisce a Google di introdurre identificatori immutabili per gli utenti e le organizzazioni, garantendo un tracciamento univoco indipendente dal dominio e dall’email.

Le piattaforme SaaS, dal canto loro, potrebbero implementare ulteriori misure di sicurezza, come la verifica della data di registrazione dei domini, l’approvazione da parte degli amministratori e l’utilizzo di fattori di autenticazione addizionali. Tuttavia, tali soluzioni comportano costi aggiuntivi, complicazioni tecniche e una maggiore complessità nel processo di login.

Trufflesecurity invita comunque a non sottovalutare il problema: milioni di account dei dipendenti delle startup fallite sono potenzialmente vulnerabili. Soltanto negli USA, si stima che 6 milioni di persone lavorino nelle startup tecnologiche, delle quali il 90% è destinato a fallire nei prossimi anni. Circa il 50% di queste utilizza Google Workspace.

Credit immagine in apertura: Google