Blackout 2, recensione: quando il mystery mantiene le promesse e regala il gusto della sorpresa
I nuovi episodi mantengono la promessa e danno le risposte che il pubblico cerca, ampliando lo sguardo e lasciando sognare un "Blackout universe"
Nel mare di drama, serie storiche, procedurali, biografie e commedie familiari e romantiche che la Rai ci ha offerto in questi anni, ci siamo dimenticati che c’è un genere che, se ben trattato, può regalare soddisfazioni, ovvero il mystery. E con mystery non intendiamo cose sovrannaturali a tutti i costi, ma semplicemente una buona storia capace di svelarsi lentamente, con i giusti cliffhanger e il giusto equilibrio tra domande e risposte. Blackout 2 ce lo ricorda, riuscendo a riprendere le fila del discorso lasciato in sospeso due anni fa e far procedere la storia veramente in avanti, senza girare su se stessa.
La recensione di Blackout 2
La prima serata (di un totale di quattro) della seconda stagione della serie tv prodotta da Èliseo Entertainment e Rai Fiction procede a due velocità. Il primo episodio, infatti, deve necessariamente ricordare al pubblico dove eravamo rimasti, rallentando con il ritmo e permettendo ai telespettatori di ritrovare l’ambientazione e i personaggi che avevano salutato due anni fa.
Il “vero” Blackout, a nostro dire, comincia dal secondo episodio, quello che svela l’arrivo dei soccorritori. È da questo momento che la serie ingrana veramente, come se avesse dovuto scontare la penitenza di essere un mystery, appunto, e che in quanto tale richiede una concentrazione da parte del pubblico a cui, forse, non è più abituato.
In un’era tv in cui si deve lavorare su casi verticali (il “caso di puntata”, che si risolve nel giro dell’episodio) ed affiancarli a un caso orizzontale (quello che, invece, si dipana nel corso della serie), Blackout 2 va in controtendenza: tutto, in questa serie, procede di pari passo, richiedendo al telespettatore un’attenzione sopra la media.
Eppure, è proprio questo sforzo (se di sforzo possiamo parlare) il bello della visione di una serie come questa: come in tutti i mystery, il pubblico è chiamato a essere parte attiva, a ragionare con i personaggi, a investigare sulle possibili risposte alle domande che la storia propone.
Rispetto a quella della prima stagione, la sceneggiatura della seconda si diverte molto di più in questo senso, immaginando e iniziando a svelare uno scenario che va oltre la Valle del Vanoi e che allarga lo sguardo oltre il gruppo di sopravvissuti che già conosciamo.
Blackout 2 riesce in questo modo a ri-catturare l’attenzione del pubblico, nella maniera più semplice: mantenendo le promesse fatte. Ecco che, allora, chi si è appassionato alla prima stagione non rimarrà deluso, perché il patto tra serie e telespettatore in questo caso va nella direzione corretta, quella dello svelamento e del gusto della sorpresa.
Luca Barbareschi, produttore della serie, durante la finale di Ballando con le Stelle 2024 si era lasciato scappare che Blackout 2 sarebbe stata la stagione finale della serie. Una consolazione, questa, per chi ne intraprende la visione e sa così che la sua sete di risposte sarà soddisfatta.
Eppure, l’idea alla base del progetto -un evento dalla portata tale da isolare gruppi di persone e svelarne la vera natura, creando gruppi di sopravvivenza in cui vale quasi tutto- potrebbe dare il via a un “Blackout universe”, con altre storie, in altri luoghi, e sempre con un ambiente circostante che neanche troppo silenziosamente ci ricorda che siamo ospiti e non padroni di questo pianeta.